Il canto di Maria. ||| Spessissimo ci viene proposto questo sublime cantico di lode e di ringraziamento nella liturgia. La sua recita o il suo canto sono d’obbligo ogni sera nella celebrazione del Vespro, e nella voce dei monaci, dei religiosi salmodianti è presente tutta la Chiesa, tutti i fedeli. Mi sembra allora quanto mai naturale, al termine della giornata durante la quale tanti doni di Dio ci hanno accompagnato, ripetere con Maria: l’anima mia ringrazia, loda e riconosce la grandezza di Dio, che si china a donare le sue grazie non solo a Maria, ma a tutti noi. Noi, cosi poveri di ogni merito, stiamo sperimentando le meraviglie del Signore nel dono della fede, della speranza e della carità, nel susseguirsi dei tempi e delle celebrazioni liturgiche, che ci fanno rivivere, nelle loro varie fasi, il progetto di salvezza di Dio: dal battesimo, che ci ha resi figli ed eredi del paradiso e ci ha aperto le porte agli altri sacramenti, dispensatori di grazia, fino alla realizzazione dell’oggetto della speranza cristiana e dell’opera redentrice di Gesù, la salvezza eterna. Il ringraziamento, quindi, è doveroso. Vorrei suggerire ai celebranti di recitare questo cantico mentre lasciano l’altare, nel ritorno in sacrestia, ma lo vedo vantaggioso anche per i fedeli come espressione della propria gratitudine, non solo dopo la santa Comunione, ma anche in altri momenti nei quali si sente il bisogno di innalzare a Dio l’inno di lode per i benefici ricevuti. La gratitudine attira sempre nuovi favori, come nel caso dei dieci lebbrosi, dei quali uno solo ritorna a Gesù per ringraziarlo della guarigione fisica, ricevendo con essa un dono immensamente più grande, quello della fede.
