Pubblichiamo il messaggio che il Presidente e il Segretario Generale della CEI, Card. Matteo Zuppi e Mons. Giuseppe Baturi, hanno inviato a don Fortunato Di Noto, fondatore dell’Associazione Meter in occasione della presentazione, a Roma, del Dossier nazionale su Intelligenza artificiale e minori, dal titolo “Intelligenza artificiale: conoscere per prevenire, dalla pedopornografia ai deepnude”.
Accogliamo con piacere e attenzione il Dossier, realizzato dall’Associazione Meter sull’intelligenza artificiale e i rischi per i minori, che viene oggi presentato nella sede della Conferenza Episcopale Italiana. Lo studio, come viene ricordato, “è frutto dell’impegno sul campo di Meter e della sua trentennale esperienza nel campo della lotta a pedofilia e pedopornografia, per la tutela dei minori”. È una sottolineatura molto importante perché attesta un impegno che diventa testimonianza, chiamando in causa la responsabilità di tutti. Per questo, esprimiamo la nostra gratitudine a quanti sono coinvolti nella conoscenza delle tecniche digitali, nella formazione e nella prevenzione.
La lettura del Dossier non lascia spazio ad ambiguità: l’intelligenza artificiale, oggi, è anche uno strumento di abuso. Le tecnologie più avanzate, progettate per migliorare la vita, vengono impiegate per creare immagini pedopornografiche, alterare fotografie di minori, manipolare conversazioni e generare rapporti simulati capaci di aggirare la vigilanza degli adulti e la consapevolezza stessa dei bambini.
Non si tratta di casi isolati. I dati raccolti evidenziano un sistema strutturato e crescente, dove immagini false producono danni veri, dove la logica del deepfake diventa complice di una cultura che banalizza l’abuso, frammenta la responsabilità e rende quasi impossibile distinguere il vero dal fittizio.
Siamo davanti a una nuova forma di violenza: digitale, invisibile, ma non per questo meno traumatica. Le vittime sono minori esposti, spesso senza saperlo, a una rielaborazione delle proprie immagini che li priva della dignità, del controllo e del diritto alla propria corporeità.
Anche in ambito internazionale si registra un crescente allarme. Purtroppo, la mancanza di definizioni giuridiche condivise su cosa debba intendersi per “pedopornografia virtuale” o “immagine sintetica abusante” rende estremamente difficile il coordinamento tra Stati. A questo si aggiunge la diffusione di reti peer-to-peer e l’uso di sistemi di crittografia end-to-end che ostacolano le indagini e richiedono forme di cooperazione giudiziaria più rapide e tecnicamente aggiornate. La velocità con cui l’intelligenza artificiale evolve supera di gran lunga la capacità normativa e investigativa delle istituzioni.
Per questo, la presa di coscienza deve essere operativa. Rinnoviamo dunque gli appelli già rivolti da Papa Francesco e Papa Leone XIV a non calpestare il valore e la dignità della persona umana. È fondamentale che le autorità competenti aggiornino il quadro normativo per sanzionare con adeguata severità anche gli abusi virtuali; che le piattaforme digitali e i fornitori di servizi IA siano legalmente responsabili dei contenuti generati e distribuiti attraverso i loro sistemi; che le scuole e le famiglie siano sostenute da percorsi formativi mirati, capaci di affrontare con realismo e competenza i nuovi rischi. La tecnologia non è il nemico. L’indifferenza, invece, sì! E prima ancora, lo è ogni visione della persona umana che nega la sua integralità, riducendola a oggetto manipolabile, frammentabile, smontabile in dati. Il volto umano – specialmente quello dei più piccoli – è presenza viva, irriducibile, relazionale. Ogni bambino, ogni ragazza, ogni adolescente porta con sé una storia non codificabile, un nucleo di fragilità e desiderio che nessun algoritmo può simulare senza profanarlo.
Ci rivolgiamo pertanto a tutte le componenti della società civile – legislatori, educatori, genitori, operatori dei media e sviluppatori di tecnologie – affinché si riconosca, senza esitazioni, che la tutela dell’infanzia è il metro con cui si misura una civiltà. La Chiesa, per parte sua, continuerà a farsi carico di questa responsabilità, promuovendo con determinazione un discernimento pubblico che non separi mai l’innovazione dalla giustizia, la potenza dalla cura, la tecnica dalla coscienza.
È importante formare una sensibilità attenta e vigile, capace di riconoscere nei linguaggi digitali non solo uno strumento pastorale, ma anche un campo di responsabilità morale. In questa direzione, il dossier dell’Associazione Meter non è solo una denuncia: è una chiamata… alla coscienza, alla coerenza e alla scelta.
Rispondervi è un dovere che interpella tutti!