“Una scuola che si prende cura è una scuola che mette al centro la persona”. Con queste parole Enrica Ottone, docente di pedagogia sociale alla Pontificia Facoltà di Scienze dell’educazione Auxilium, ha aperto il convegno tenutosi il 27 ottobre al Borgo Guanella, a Roma, dedicato a una riflessione profonda sul ruolo dell’orientamento e dell’inclusione nella didattica. Secondo Ottone, “la capacità di autopromuoversi si può educare”, e la scuola ha il compito di aiutare ogni studente a diventare consapevole di sé, capace di auto-dirigersi nello studio e nella vita. La docente ha presentato il progetto Qsa – Questionario strategie di apprendimento – che dal 2011 ha raccolto oltre 100mila compilazioni, 21mila solo nel 2024, e che mette al centro la capacità di autodeterminarsi e autoregolarsi, stimolando gli studenti a riflettere sul proprio modo di imparare.
Foto Giovanna Pasqualin Traversa/SIR
“Non si apprende da una realtà esterna, ma da una realtà interna”, ha avvertito Daniele Ardito, docente di storia e filosofia, illustrando il progetto Apprendo di cui è coordinatore. Un percorso articolato in quattro fasi: autovalutazione, riflessione, realizzazione e verifica. “I ragazzi non sono scatole vuote – ha affermato – e il sapere deve partire dal vissuto di ognuno”. Obiettivo: costruire una didattica che promuova lo sviluppo di competenze per una crescita integrale, in una scuola dove ogni scelta formativa sia centrata sulla persona.
Giuseppe Rolli, presidente di Pog (Progetto orientamento giovani), ha raccontato la propria esperienza nelle scuole: “Andiamo tre mattine, per un totale di 15 ore, nelle classi per aiutare i ragazzi a far uscire la bellezza che è in loro: talenti, desideri, aspirazioni, limiti”. Il percorso si articola in quattro domande fondamentali: chi sono, dove sono, dove vado, come vado. Bianca, ex-studentessa oggi ventiquattrenne, ha testimoniato: “A 16 anni ho incontrato il Pog. In tre giorni ho tirato fuori tutto quello che non ero riuscita a dire in tanti anni.
Ho avuto la consapevolezza di avere un valore dentro di me ed ho iniziato a guardare me stessa e i miei compagni con occhi diversi”.
Foto Giovanna Pasqualin Traversa/SIR
A presentare l’esperienza dei laboratori Pcto- Po Guanella è la coordinatrice Hortensia Honorati. Al Borgo, ha spiegato, c’è Casa Don Gua con diversi laboratori per “i buoni figli”, come don Guanella chiamava i “suoi” ragazzi con disabilità. Ed è in questi laboratori che gli studenti in Pcto si confrontano con la disabilità e le fragilità degli ospito del Borgo. “I buoni figli”, racconta Honorati, provocano negli adolescenti una sorta di liberazione, insegnando loro a far cadere ogni maschera.
“L’orientamento è aiutare i ragazzi a capire dove sono ora, oggi. È restituire loro una bussola interna. Non è solo un processo cognitivo; è un gesto poetico”.
Un assistente digitale a servizio di chi apprende e di chi insegna. E’ Pietro Bonari, formatore di Modena, a presentare askLea.AI, tutor digitale ”personalizzato” per lo studio, che stimola la riflessione e pone domande. Tuttavia, avverte Bonari, l’educazione “si fonda sulla relazione umana, un aspetto che non dovrebbe essere sostituito dalle macchine”. E aggiunge:
“Esiste una linea molto sottile tra personalizzazione e manipolazione.
Ogni sviluppo in questo ambito impone un approccio etico, consapevole, responsabile e trasparente”.
“L’orientamento deve essere permanente, per accompagnare l’individuo lungo tutto l’arco della vita”, sostiene Stefania Capogna, docente di sociologia dei processi economici e del lavoro all’Università Link di Roma, delineando una nuova visione educativa: “L’approccio deve essere esperienziale, relazionale e integrato con il territorio”, e la scuola “non può agire da sola, ma deve operare in rete con istituzioni e attori locali”. Obiettivo dell’educazione l’empowerment dei ragazzi e la promozione di una “sapienza” che “unisca le dimensioni umana, etica e spirituale”.
Foto Giovanna Pasqualin Traversa/SIR
“Capacità di gestire la complessità, l’incertezza, la discontinuità e la dissonanza”. Questa, per Rosy Russo, presidente dell’associazione “Parole O Stili”, la “competenza ormai indifferibile” che ogni ragazzo dovrebbe acquisire. Russo ha quindi presentato la
cura come un acronimo: C (Comunicazione), U (Umanità), R (Responsabilità), A (Ascolto).
“Comunicare – ha detto – significa farsi capire, possedere competenze digitali, riconoscere che le parole sono un ponte. Umanità è accompagnare i giovani a scrivere la loro storia. Responsabilità è sapere che le parole hanno conseguenze. Ascolto è capacità di leggere le persone e i loro sguardi”. Infine l’illustrazione della piattaforma per l’orientamento MiAssumo di cui Russo è founder, che offre gratuitamente ai ragazzi strumenti per l’auto-conoscenza e l’orientamento.
Foto Giovanna Pasqualin Traversa/SIR
A concludere i lavori Francesco Cannella, direttore del Borgo Guanella, che ha definito il Borgo
“un modello abitativo, teologico e di relazione”.
Non solo un luogo fisico, ma un’esperienza di vita basata sulla comunità. “La comprensione di sé stessi – ha concluso – è inestricabilmente legata al rapporto con gli altri. Al Guanella tutto si gioca sulla relazione di aiuto e di cura. Ed è questo camminare insieme alle persone con disabilità che orienta il modo di essere e di agire di tutti i suoi abitanti”.
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