La portaerei USS Gerald R. Ford, la più moderna e imponente unità della Marina americana, è in rotta verso la regione accompagnata da tre navi da guerra. Secondo fonti del Pentagono, la mossa risponde alla necessità di rilevare, monitorare e interrompere attività illecite che minacciano la sicurezza nazionale, ma analisti e osservatori internazionali ritengono che l’operazione rifletta obiettivi più ampi e politicamente sensibili.
La Gerald R. Ford, con a bordo oltre quattromila militari e un contingente di caccia e aerei da sorveglianza, ha lasciato il porto croato di Split alla fine di ottobre per essere ridispiegata nell’area caraibica, sotto il comando dello United States Southern Command. Fonti satellitari hanno già individuato diverse unità statunitensi a breve distanza dalle coste del Venezuela, alcune a poco più di cento miglia nautiche. L’operazione si inserisce in un contesto regionale segnato da forti tensioni con il governo di Nicolás Maduro, accusato da Washington di collusione con reti di narcotraffico e di violazioni dei diritti umani. Le forze statunitensi nei Caraibi includono otto navi da guerra della Marina, una nave per operazioni speciali e un sottomarino d'attacco a propulsione nucleare.
Negli ultimi mesi, la Marina americana ha condotto una serie di operazioni contro imbarcazioni sospettate di trasportare droga nella regione. Nonostante il presidente Donald Trump abbia dichiarato che non è in programma alcun attacco diretto al Venezuela, il linguaggio utilizzato dalla Casa Bianca lascia margini di ambiguità. "Stiamo per uccidere quelli che portano droga nel nostro Paese", ha detto di recente il presidente, alimentando i timori di un’escalation militare o di azioni mirate nelle acque caraibiche.
Oltre al rafforzamento della Marina, il Pentagono ha schierato bombardieri lungo la costa del Venezuela e ha trasferito risorse nelle basi statunitensi della zona, tra cui una a Porto Rico che ora ospita aerei da combattimento F-35, secondo l'analisi delle immagini satellitari del Washington Post.
La presenza della più potente portaerei americana nei Caraibi non è solo simbolica. Le sue dimensioni, la capacità di lanciare oltre ottanta velivoli e la dotazione tecnologica di ultima generazione ne fanno uno strumento di deterrenza e di pressione diplomatica. Tuttavia, la vicinanza alle coste venezuelane aumenta anche il rischio di incidenti o errori di calcolo che potrebbero rapidamente degenerare. In un’area già attraversata da tensioni politiche e rivalità economiche, ogni manovra viene osservata con crescente apprensione.
