Alla fine non ce l'hanno più fatta a venire guardati in cagnesco, a essere additati come complici della Meloni e come traditori della Costituzione. Così decine di avvocati di tutta Italia, tutti dichiaratamente di sinistra, hanno preso carta e penna. E hanno stilato il documento che da due giorni sta circolando e raccogliendo nuove adesioni: un documento per dire che è vero, voteranno sì al referendum: perché la separazione delle carriere tra giudici e pm non è un regalo alle destre ma una svolta per tutti i cittadini, una conquista di civiltà da cui "non temiamo che possa derivare alcun pregiudizio all'autonomia e all'indipendenza della magistratura".
È un passo importante, perché spacca quella saldatura tra magistratura e opposizione a cui sono affidate le speranze di vittoria del fronte del No nelle urne della primavera prossima. Ed è destinato a venire ascoltato a sinistra proprio perché viene da avvocati totalmente insospettabili di simpatie per la destra, e che anche in questa occasione ribadiscono giudizi severi sulle politiche del governo in tema di giustizia. "Vede - dice Fabio Sommovigo, presidente della Camera penale di La Spezia, in passato difensore dei manifestanti del G8 e di anarco-insurrezionalisti - non è affatto vero che in Italia il garantismo sia divenuto patrimonio della destra. La destra è garantista per i suoi sodali. Il problema è che anche a sinistra il garantismo è ormai patrimonio di una minoranza. In questo vuoto di rappresentanza politica noi abbiamo deciso di fare sentire la nostra voce".
Nell'elenco dei firmatari compaiono nomi importanti. C'è Alessandro Gamberini, bolognese, che oltre a essere stato il legale di Carole Rackete è stato il legale di magistrati nei processi per diffamazione, e che ora si trova in rotta di collisione con i suoi assistiti di un tempo. C'è il milanese Mirko Mazzali, già consigliere comunale per Sinistra e Libertà e avvocato storico del centro sociale Leoncavallo. C'è il romano Renato Borzone, che ricorda come ai tempi di Mani Pulite si scoprì che il giudice preliminare spiegava ai pm come scrivere le richieste di cattura che lui poi doveva valutare. C'è il monzese Attilio Villa, a lungo difensore dei giornalisti di Repubblica. E via di questo passo, una sfilza di avvocati tutti col cuore a sinistra ma tutti pronti a prendere atto che il governo Meloni ha fatto la riforma che loro si aspettavano da tempo. E ora tutti concordi nel dire che "siamo alle porte di una campagna referendaria che mira a dividere l'opinione pubblica tra buoni e cattivi, tra chi difende la Costituzione e chi la vuole demolire, tra chi tutela la magistratura e chi la vuole indebolita. Una campagna che rischia di trasformare questo referendum in un pericolosissimo scontro finale tra magistratura e politica". Ricordando che la riforma è stata approvata seguendo rispettosamente l'iter previsto dalla Costituzione, e che nella stessa Costituzione non c'è scritto che giudici e pm devono fare una carriera unica.
La presa di posizione a favore delle separazione delle carriere è, spiega Sommovigo, la conseguenza inevitabile del lavoro quotidiano come avvocati, nelle aule dei processi penali, che li ha portati ad avere "uno sguardo critico sulla attività delle procure", e a capire, come dice il documento, che tenere giudici e pubblici ministeri in una unica colleganza ha come "inevitabile effetto quello di assegnare al pubblico ministero una posizione istituzionalmente (e anche moralmente) sovraordinata rispetto a quella della difesa". È questo, dicono, che va spiegato agli elettori di sinistra. Perché, dicono, noi siamo quelli che hanno contestato le norme sui rave, che hanno attaccato il decreto sicurezza. E a chi ha creduto in quelle battaglie ora diciamo di votare sì.
