L'estasi della guerra

Scritto il 02/11/2025
da Fiamma Nirenstein

L'orgia di sangue del 7 ottobre, e poi tutto quello che ne è seguito, secondo il normale giudizio di una persona che ne ha risentito, dovrebbe creare un sogno di pace: gli israeliani a cui chiedi come stanno, per i primi due minuti della conversazione dicono che "Bene, grazie" è solo una convenzione sociale. Non è così per i palestinesi nonostante la loro vita sia costellata di angoscia e lutti a causa del 7 ottobre: un sondaggio del "Palestinian Center for Policy and Survey Research", una fonte legata al proprio popolo, ci informa che il 59% dei palestinesi che vivono nell'Autorità Palestinese, in Giudea e Samaria, pensano che la decisione di realizzare il massacro del 7 ottobre è stata "corretta". A Gaza, ha risposto così il 44%. Solo il 14% dell'insieme biasima Israele per la sofferenza dei palestinesi, mentre il 54 biasima lo Stato ebraico.

Dunque, cerchiamo una soluzione: può essere quella che all'Onu la maggioranza invoca, guidata da Macron ovvero "due stati per due popoli"? Per niente. Il 53% dei palestinesi rifiuta questo concetto e il 56 per cento ritiene che non sia possibile a causa dell'espansione degli insediamenti. Del resto, anche l'Ue ripete questo concetto senza tenere conto dei motivi storici legati ai "settlement", le guerre che li hanno causati, l'impossibilità di conferirli a chi rifiuta di accettare Israele o ne farà certo uso contro la sicurezza. Per rimanere pratici, dunque, i palestinesi per il 40 per cento pensano che per uno stato indipendente occorra non la trattativa ma la lotta armata; a Gaza il 35% pensa lo stesso.

Per capire il significato di questa analisi, il giornalista Amit Segal suggerisce un testo di Shany Mor Estasi e amnesia su Mosaic; aggiungerei il famoso libro The dream palace of the arabs dello storico libanese Fouad Adjami. Se ne ricava l'impossibilità del mondo islamico, e qui di quello palestinese, di leggere la propria storia fuori da emozioni religiose che si sono trasformate in struttura culturale di popoli interi. L'estasi di cui parla Mor si può vedere nelle immagini della carneficina, appunto, estatica, in cui un giovane chiama la mamma e il babbo gridando la sua gioia per aver ucciso lui, con le sue mani, gli ebrei; o osservando la folla che accoglie impazzita di gioia di corpi dalle vesti sanguinate e alzate delle ragazze rapita nelle strade di Gaza. È l'eccitazione testimoniata dal professor Russell Rickford della Cornell University che definì "esilarante" la notizia della carneficina.

Le guerre arabo-palestinesi hanno tutte generato uno stato di estasi omicida e suicida e sono peraltro finite con la sconfitta: così la guerra di Indipendenza del 1948, in cui gli Stati arabi cercarono di distruggere lo Stato d'Israele che, approvato dall'Onu, aveva appena offerto metà dei suoi territori. La guerra del 67, con la brillante vittoria in 6 giorni. L'Intifada che ha fatto quasi 2mila morti ebrei, schiacciata da Sharon. E poi quella del 7 ottobre.

Di ognuna di questa guerre, da parte araba e palestinese, viene solo ricordata, nonostante l'insuccesso, l'inenarrabile soddisfazione di uccidere gli infedeli, l'estasi della jihad che rende reale il comandamento di creare spazio per il "Dar el Islam" la terra dell'Islam, annichilendo il "Dar el Harb", terra della guerra. L'entusiasmo è sempre legato alla propria vittimizzazione e qui è il nesso con le istituzioni come l'Onu che con la pretesa di difendere i diritti umani, li rovesciano e lasciano che il Palazzo dei sogni si trasformi in trappola mortale. La deradicalizzazione di cui parla il piano di pace perché i palestinesi possano parteciparvi, è molto lontana. L'inchiesta del "Center" distrugge le scorciatoie.