Omicidio di Charlie Kirk, scossa l’America. Trump accusa, la Chiesa invoca dialogo contro la violenza politica

Scritto il 15/09/2025
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“Prevedibile. Scioccante. Non sorprendente”. Così Cynthia Miller-Idriss, direttrice del Laboratorio di ricerca su polarizzazione ed estremismo dell’American University, ha commentato l’omicidio di Charlie Kirk, avvenuto il 10 settembre scorso durante un dibattito alla Utah Valley University. Il giovane fondatore di Turning Point Usa, vicino al presidente Donald Trump e al vicepresidente J.D. Vance, è stato ucciso davanti a centinaia di studenti, in un evento pubblico che decine di cellulari hanno ripreso in diretta e rilanciato sui social. Un’esecuzione che ha scosso l’America più degli altri dieci omicidi avvenuti nella stessa giornata, tra cui una sparatoria in una scuola del Colorado.

Secondo Miller-Idriss, “negli ultimi due anni, negli Stati Uniti, abbiamo assistito a un aumento dei tentativi di assassinio e degli omicidi come tattica dentro l’estremismo politico”. Le sue parole non sono ciniche, ma raccontano di una violenza politica che cresce come un’ombra lunga e silenziosa nelle strade degli Usa, come dimostrano i 150 attacchi politicamente motivati registrati nella prima metà del 2025: il doppio rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. Nel mirino ci sono deputati e governatori democratici, funzionari repubblicani e persino lo stesso presidente Trump, che è scampato a due tentativi di assassinio. La violenza politica non ha colore, ma una radice comune: l’odio, sia quello nutrito dalla retorica del nemico, sia quello nascosto negli oscuri spazi dei social, come dimostra anche la radicalizzazione del giovane Tyler Robinson, presunto assassino dell’influencer conservatore.

Charlie Kirk, cristiano evangelico e nativo digitale, aveva costruito una rete di milioni di follower attorno alle sue battaglie, talvolta controverse, su armi, aborto, diritti Lgbtq, elezioni “rubate”, voto femminile, fede e nazionalismo. “La sua morte amplificherà il messaggio”, ha dichiarato la moglie Erika, aggiungendo: “Questa tragedia scatenerà un’onda ancora maggiore”. I funerali, celebrati nello stadio di Glendale, in Arizona, il 21 settembre, misureranno la potenza di quest’onda.

L’omicidio è avvenuto alla vigilia della commemorazione dell’11 settembre, una data spartiacque nella storia americana, come spartiacque potrebbe diventare la morte dell’influencer conservatore. Gia Chacón, un’attivista cattolica e amica di Kirk, ha ricordato sulle pagine del National Catholic Register che l’attacco alle Torri Gemelle e al cuore dell’America arrivò da forze esterne, che fecero coalizzare il Paese attorno alla difesa dei valori americani e della verità. “Ora, uccidiamo coloro che osano proclamare la verità ad alta voce. E gli esecutori non vengono da fuori, ma vivono dentro i nostri confini e celebrano, soprattutto online, l’eliminazione fisica dell’avversario”.

In questo clima polarizzato, il presidente Trump ha scelto di ergersi a voce morale, ma solo della sua parte, confermando che la missione della sua presidenza non è quella di unire il Paese e di abbassare i toni, bensì di alimentare la fiamma della sua base repubblicana e punire tutti quelli che non sono d’accordo con lui. Ha persino ordinato il licenziamento di chi, sui social, sia in istituzioni pubbliche che in aziende private, ha approvato la morte di Kirk o ha usato parole incendiarie nei suoi confronti. Gli oppositori restano nemici, traditori, da punire, possibilmente alle urne delle elezioni di midterm, dove spera che i follower di Kirk continuino a sostenere il partito.

In un’America senza un leader unificante si levano altre voci, a livello locale, che non vogliono cedere alla retorica dell’odio. Il governatore dello Utah, Spencer Cox, è stato tra i primi a preferire la ragionevolezza alla demonizzazione, scegliendo non la vittoria di una sola parte, ma quella dell’“esperimento americano fondato su libertà, uguaglianza e autogoverno”. Nella conferenza stampa in cui ha confermato la morte di Kirk, rivolgendosi ai giovani ha detto: “State ereditando un Paese in cui la politica sembra rabbia. Ma avete l’opportunità di costruire una cultura diversa, abbracciando le differenze e affrontando le conversazioni difficili”, proprio come faceva Charlie Kirk nei suoi incontri nei campus.

L’America è a una svolta dopo la sua morte? Lo diranno le prossime settimane e lo diranno gli americani che sceglieranno di non cedere all’odio, ma alla speranza, alla difesa dei diritti e della pluralità. Lo hanno già fatto dopo l’assassinio del leader afroamericano Martin Luther King con il movimento per i diritti civili; lo hanno fatto dopo la morte di George Floyd con Black Lives Matter. Possono farlo anche adesso.

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