La Federal Reserve va verso il taglio dei tassi. Europa alla finestra per il cambio sul dollaro

Scritto il 15/09/2025
da Matilde Sperlinga

I segnali dal Pil convincono Powell, dopo il pressing di Trump

Questa settimana l'attenzione delle sale operative sarà tutta rivolta verso gli Stati Uniti e in particolare alla riunione della Federal Reserve in agenda domani e dopodomani per decidere il futuro della politica monetaria.

Col tasso dei Fed fund al 4,25-4,50% e visti i deludenti dati sul lavoro Usa, gli analisti considerano quasi certo un taglio ai tassi di 25 punti base; sostanzialmente sfumata invece l'ipotesi di una sforbiciata di mezzo punto. Si tratterà del primo taglio al costo del denaro americano da dicembre, che si attesterà così al livello più basso da novembre 2022.

Pressing di Donald Trump a parte per ottenere dalla banca centrale una politica monetaria più accomodante, il presidente della Fed Jerome Powell (in foto) non può più ignorare i segnali di debolezza che stanno attraversando l'economia a stelle e strisce. Il rischio palpabile per gli Stati Uniti, complice il contraccolpo dei dazi introdotti dallo stesso Trump al grido di «America First», è quello di cadere in una fase di rallentamento economico, anche se al momento non si può parlare di pericolo recessione.

A Powell l'arduo compito di bilanciare le aspettative di Wall Street con la realtà di main street cioè con le aspettative delle famiglie e delle imprese d'Oltreoceano, a partire da quelle più legate all'export. Da una parte, un approccio troppo accomodante potrebbe alimentare l'inflazione, dall'altro una politica eccessivamente restrittiva potrebbe frenare il percoso di crescita del Pil.

Se la riduzione ai tassi di un quarto di punto è scontata, a catalizzare l'attenzione dei grandi investitori saranno soprattutto le parole pronunciate da Powell in merito alle prossime mosse della banca centrale statunitense. Il mercato, per ora, sembra puntare su tre, o più probabilmente, su due interventi quest'anno: il primo appunto ora e il secondo a dicembre.

Le decisioni di Eccles Building non potranno che avere ricadute, oltre che su Wall Street, anche sul mercato dei cambi. Dove è probabile che il dollaro andrà incontro a un ulteriore indebolimento rispetto all'euro. A fare le spese potrebbe essere ancora una volta il Vecchio continente: secondo l'Eurostat, l'export di beni e servizi rappresenta il 46% circa del Pil dell'Eurozona. Resta da capire se in prospettiva la Bce di Christine Lagarde manterrà l'annunciato atteggiamento cauto o risponderà al taglio della Fed.

Occhi fissi poi sulla Francia. Oggi infatti è il primo giorno di Borse aperte dopo il declassamento di Fitch da AA- ad A+. I rendimenti degli Oats decennali potrebbero muoversi, anche in modo inaspettato.