"Decine di donne infiltrate in Iran". Le rivelazioni di Tel Aviv sulle operazioni del Mossad

Scritto il 15/09/2025
da Valerio Chiapparino

Svelato il ruolo delle spie israeliane durante la "guerra dei 12 giorni". E Tel Aviv avverte: "Pronti a tornare in azione contro Teheran"

Emergono nuovi particolari sull'infiltrazione dei servizi segreti israeliani in Iran durante la "guerra dei 12 giorni". Decine di donne del Mossad, riporta il Jerusalem Post, sarebbero infatti penetrate nella Repubblica Islamica operando boots on the ground e portando a termine una serie di operazioni durante i raid dello Stato ebraico che hanno colpito i programmi missilistici e nucleari iraniani e neutralizzato funzionari militari e scienziati del regime degli ayatollah.

La natura esatta delle azioni eseguite a giugno dalle agenti dell'intelligence israeliana è coperta dal segreto ma è stato reso noto che il direttore del Mossad, David Barnea, considererebbe "molto importante" il ruolo giocato dalle sue operative nel corso del conflitto tra Israele e Iran. Una 007 di alto livello in particolare, nota solo come "G" e con "background iraniano" e competenze nel reclutamento di spie in nazioni ostili, sarebbe stata onorata con l'accensione di una torcia durante la cerimonia del giorno dell'indipendenza.

La guerra tra Iran e Israele ha visto quest'ultima schierare in contemporanea centinaia di agenti del Mossad o individui gestiti da agenti che hanno colpito piattaforme radar e missili balistici e hanno fornito ai piloti dei caccia israeliani dritte necessarie per individuare altri obiettivi sensibili. Lo sciame di spie altamente coordinate ha permesso di infliggere al regime pesanti perdite arrivando nella sua fase finale a far vacillare persino il potere della Guida Suprema Ali Khamenei, costretto per giorni a nascondersi nei bunker.

Oltre a rivelare indiscrezioni sul ruolo delle spie donne dello Stato ebraico - comunque non un caso isolato nella storia dei servizi segreti israeliani - il Jerusalem Post riferisce che la rete di spionaggio di Tel Aviv sarebbe pronta a tornare in azione. Il Mossad avrebbe infatti una "conoscenza sufficiente" della posizione dell'uranio arricchito iraniano e potrebbe intervenire ancora una volta contro Teheran qualora il regime islamico volesse utilizzare tale materiale per la produzione di un'arma nucleare.

I raid israeliani, e poi americani, contro i siti atomici dell'Iran non sarebbero riusciti a distruggere oltre 400 chilogrammi di uranio arricchito al 60% che, in teoria, potrebbe essere ulteriormente lavorato e impiegato per la produzione di diverse bombe nucleari. Nei giorni scorsi il ministro degli Esteri della Repubblica Islamica, Abbas Araghchi, ha dichiarato che l'uranio in questione si trova "sotto le macerie" delle strutture danneggiate dai raid aerei e che è in corso "la valutazione dei materiali arricchiti rinvenuti". Una volta completata, ha proseguito Araghchi, sarà consultato il Consiglio supremo per la sicurezza nazionale che "prenderà una decisione tenendo conto delle preoccupazioni dell'Iran in materia di sicurezza". Tenuto anche conto delle complicate relazioni del regime degli ayatollah con l'Agenzia internazionale per l'energia atomica, le parole del ministro di Teheran lasciano intendere come, nonostante gli attacchi israeliani e americani, sul dossier nucleare l'Iran non abbia nessuna intenzione di fare marcia indietro.